Una massa di capelli ricci sotto un berretto calato fino agli occhi, celavano l’espressione quasi infastidita, ma la voce, seppur la bocca fosse coperta da una spessa sciarpa di lana, non lasciava dubbi sul tono usato dalla donna che ordinò in modo piuttosto seccato, al marito, infreddolito e accoccolato nel giaccone, di scendere dalla macchina per controllare la situazione. Lui, al pari di un automa o di uno schiavo che obbedisce all’ordine del padrone per fargli piacere, scese dall’auto senza esprimere il minimo disappunto, e non poté che constatare altro, se non che si era formata una lunga fila di automobili, saranno state pressappoco le 5 del mattino, ma dato che il sole non accennava a comparire, sembrava ancora notte fonda. Nemmeno il tempo di dare un’occhiata alla colonna di motori accesi, che il freddo pungente e il rimprovero della moglie per aver lasciato aperto lo sportello della macchina, lo costrinsero a tornare dentro e a continuare lì l’attesa. Mercedes, BMW, Porsche, Fiat, Citroen… davanti e dietro di loro, una varietà di modelli, marchi, colori che attendevano qualcosa da ore.
Sembrava di trovarsi sul raccordo all’ora di punta, si percepiva una certa tensione legata all’attesa, ma nessuno si muoveva e tutti aspettavano, alcuni pazientemente, ma trepidanti, altri con rassegnazione perché costretti ad accompagnare il proprio coniuge, genitore, o chiunque altro fosse, ma rimanevano lì, quasi fossero in attesa di un segnale, come se da un momento all’altro si alzasse il sipario e si andasse in scena.
Alle 6 si accese una luce dietro una finestra, qualcuno uscì e un cancello venne aperto per far entrare i clienti, perché il mago dell’Accesa aveva iniziato a ricevere.
Il nome del fattucchiere deriva dal luogo in cui la sua frequentata dimora si trova, il Lago dell’Accesa (anche se ormai sono in molti a chiamarlo il Lago del Mago), un puntino azzurro in mezzo alla Maremma, che può essere trovato sulla mappa, ma non senza una certa tenacia, in una zona compresa tra Massa Marittima, Ribolla e Gavorrano. Pascoli e campi arati a perdita d’occhio, e questo piccolissimo specchio d’acqua, i cui unici frequentatori sembrano essere gli spiriti di una vicina necropoli etrusca. Pare che parte della forza del mago derivi proprio da questa vicinanza, e in particolare dalle tombe etrusche sepolte sotto casa. Sembra che il nome del lago possa essere trovi le sue origini nel Medioevo, e una leggenda racconta che il 26 luglio, dal profondo delle acque, solitamente di colore verde, si liberi una luce misteriosa che emana bagliori rossastri sulla superficie. Un lago che si fatica a definire come tale per le dimensioni, ma sembra che sia molto profondo, alcuni dicono che lo sia tanto da sprofondare fino agli inferi.
Potrebbe sembrarvi assurdo, ma A. fu pervaso da una senso di liberazione tale da sembrare quasi innaturale, l’alzataccia, l’attesa estenuante, e le continue e assillanti richieste della moglie che lo aveva convinto ad accompagnarla, lo aveva caricato di una tensione terribile e l’idea di poter andare via da lì il prima possibile lo rasserenava.
Quando finalmente furono accolti nello studio, poté vedere con i suoi occhi il rito che il mago praticava per togliere il malocchio ai clienti che ne erano stati colpiti. Una bacinella colma d’acqua all’interno della quale versava con grande attenzione e con un’espressione drammatica e teatrale, accompagnata da gesti molto ampi e ben precisi, dell’olio, esaminando minuziosamente il suo galleggiamento e il suo movimento sull’acqua, per poi arrivare ad esclamare con preoccupazione che sicuramente qualcuno aveva gettato il malocchio sulla signora F., la moglie di A. Lei si lasciò per un attimo prendere dal panico, si fece pallida in viso e con gli occhi sbarrati, cominciò a farfugliare qualcosa. A. stentò a rimanere serio e a trattenere la risata, ma all’istante fu fulminato dallo sguardo di disapprovazione della moglie. Nel frattempo, il mago aveva cambiato espressione e si dimostrava paterno e autoritario invitando la sua cliente a seguirlo e a concentrarsi, ripetendo con lui la formula che avrebbero recitato insieme per scacciare il maleficio di cui era stata vittima.
Perché scacciare il malocchio? Perché F. era una cantante lirica, un soprano, convinta di avere tanti nemici, immaginari o reali non ha molta importanza, e di essere al centro dell’attenzione e delle invidie di molti suoi colleghi, e non avendo ricevuto alcuna proposta dai teatri, imputò questa negatività al malocchio che qualcuno le aveva fatto per non permetterle di portare avanti la sua carriera, di cantare, di esibirsi, di salire sul palcoscenico.
Rivolgendosi al mago, gli spiegò la situazione e raccontò che era lo stesso marito, A. a procurarle le scritture teatrali essendo anche il suo agente.
Il mago fu come illuminato da questa notizia, sembrò alzarsi da terra per la felicità, e come ogni bravo venditore, non esitò un attimo a coinvolgere anche A. e a propinargli lo stesso rito di purificazione, per rendersi ancora più credibile agli occhi di F., che già pendeva dalle sue labbra e lo seguiva in ogni parola e gesto con cieca fiducia. Il mago dichiarò che il malocchio era stato tolto, notizia che F. accolse con grande entusiasmo dichiarando la propria riconoscenza al mago e invitando il marito, piuttosto restio e ancora visibilmente scioccato, a fare lo stesso, e ovviamente ad elargire la meritata offerta al geniale maestro che si era prodigato tanto per loro facendo più di quanto normalmente facesse per i suoi clienti, almeno queste furono le sue parole.

secondo me non sapete niente.... vi hanno raccontato e non ci siete mai stati..... vergogna!!!!!
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